L’ACCERTAMENTO DEL DANNO BIOLOGICO

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L’ACCERTAMENTO DEL DANNO BIOLOGICO

Abbiamo chiesto al Dott. Enrico Pedoja, Referente del comitato tecnico scientifico di ADISM e Presidente della Società medico legale triveneta,  il punto della situazione, alla luce del costante evolversi della giurisprudenza, del danno biologico come inteso oggi dalla medicina legale e dei relativi criteri applicati per la sua valutazione.

Il problema interpretativo del danno non patrimoniale

Con riferimento alle attuali necessità di una parametrazione risarcitoria onnicomprensiva, equilibrata e non automatica del danno alla persona, l’immodificata configurazione medico legale del concetto di danno biologico, determina la persistenza di un sostanziale  “equivoco” interpretativo.

Il problema si pone in ordine ad una “incongrua interpretazione” tecnica, tra differenti  correnti di pensiero e pronunce della Cassazione: ritenere di avere, col solo barème, la  possibilità di una definizione completa ed automatica delle componenti biologiche del “danno non patrimoniale”.

Cosa è il danno biologico?

Il danno biologico consiste nella menomazione permanente e/o temporanea all’integrità psico-fisica della persona, comprensiva degli aspetti personali dinamico-relazionali, passibile di accertamento e di valutazione medico-legale ed indipendente da ogni riferimento alla capacita di produrre reddito.

Come avviene la valutazione del danno biologico?

La valutazione del danno biologico è espressa in termini di percentuale della menomazione all’integrità psicofisica, comprensiva della incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti.

Nel caso in cui la menomazione stessa incida in maniera apprezzabile su particolari aspetti dinamico-relazionali e personali, la valutazione è completata da indicazioni aggiuntive da esprimersi in forma esclusivamente descrittiva.

In caso di menomazioni plurime la percentuale del danno biologico permanente deve essere espressa in base alla valutazione della effettiva incidenza del complesso delle menomazioni stesse sull’integrità psico-fisica della persona comprensiva delle limitazioni dinamico-relazionali ( ex danno  esistenziale ).

Elementi di prova ai fini della valutazione del danno alla persona

L’intervento tecnico dello specialista medico legale si basa esclusivamente sull’integrazione degli elementi probatori clinico strumentali ricavati in corso di indagine tecnica con  parametri afferenti esclusivamente a disfunzionalità anatomiche e/o psichiche dell’essere umano così da consentire di esprimere, motivatamente, la stima del danno biologico con percentuali di invalidità permanente calcolate esclusivamente rispetto a riferimenti “convenzionali” di disfunzionalità anatomica, o psichica.

La variazione percentuale della invalidità permanente biologica si basa, dunque, su esclusivi criteri clinico – strumentali di riferimento scientifico, ma in nessun caso l’eventuale incremento o decremento del parametro “invalidità” permanente biologica (la causa) determina tassativamente, una automatica e proporzionale ricaduta negativa (effetto) sugli atti della vita quotidiana.

Dissonanza che appare ancor più evidente ove si debbano considerare – ai fini risarcitori – anche le ripercussione della invalidità biologica sugli aspetti dinamico relazionali, derivandone la scarsa valenza probatoria dello stesso “postulato” medico legale di danno biologico.

In sostanza il baréme esprime solo riferimenti percentualistici di disfunzionalità biologica rispetto al 100% della validità anatomo-psichica dell’essere umano.

Danno biologico: valutazione degli aspetti dinamico relazionali

In ipotesi di sistema liquidativo tabellare il problema si pone laddove occorre riconnettere la stessa “causa” (invalidità permanente biologica) a “effetti” di danno alla persona differenti tra loro (capacità lavorativa generica rispetto agli atti della vita quotidiana e sugli aspetti dinamico relazionali).

Come si può giustificare che una analoga quota di invalidità permanente biologica determini sempre una analoga ricaduta negativa sul “fare quotidiano” del danneggiato?

Come si può ammettere che l’apprezzamento “quantitativo” di un danno alla persona (Invalidità permanente biologica) possa ricomprendere gli aspetti “personali e dinamico relazionali” dello stesso?

Per fare un semplice, ma concreto, esempio applicativo il giurista dovrebbe domandarsi il motivo per cui un soggetto splenectomizzato (valutato complessivamente secondo barème con una IP del 10%) ha la stessa ricaduta sul fare quotidiano e sui comuni aspetti dinamico relazionali rispetto ad altro danneggiato portatore di una anchilosi della caviglia, di ben altro impatto esistenziale, al quale qualsiasi barème assegna una analoga invalidità permanente del 10%.

Incongruità liquidativa delle Tabelle di liquidazione del danno biologico

Sono due entità di danno alla persona totalmente differenti (sia per la ricaduta sul “fare quotidiano e dinamico relazionale”, sia sul “sentire” del danneggiato) che dimostrano l’incongruità liquidativa delle Tabelle, ove correlate in via automatica alla sola sulla componente “quantitativa” di danno biologico (la I.P.).

Considerazioni che assumono particolare rilievo per i casi definibili, secondo applicazione degli stessi barème e per prassi valutativa medico legale, quali “macro-invalidità”, ma costituiti, di fatto, dal computo complessivo di lesioni di lieve entità, con ricaduta esistenziale palesemente difforme rispetto a casi di analogo riscontro “quantitativo” ma rappresentati, tuttavia, da un’unica macro menomazione.

Si consideri ad esempio la stima di una IP nell’ordine del 15% conseguente al computo  di menomazioni plurime “coesistenti” dovute agli esiti di traumatismo plurifratturativo costale semplice associato ad esiti medi di un frattura para articolare di polso in arto non dominante, a esiti medi di frattura composta di alcuni metatarsi e ad esito cicatriziale estetico apprezzabile localizzato in regione corporea non coinvolgente il volto, rispetto ad analoga IP del 15% riferibile agli esisti di grave frattura articolare di ginocchio trattata con protesi. È possibile ammettere la stessa ricaduta della complessiva invalidità permanente biologica sugli atti della vita quotidiana sugli aspetti dinamico relazionali?

La logica ed il buon senso porterebbero ad escluderlo.

Si tratta quindi di “squilibri valutativi dell’attuale postulato medico-legale di danno biologico, utilizzato ai fini di prova risarcitoria tra causa ed effetto” forieri, ove sussista un automatismo liquidativo, di evidenti sperequazioni risarcitorie, che necessitano, in contesto di un metodo di liquidazione tabellare, di opportuni ed adeguati parametri correttivi medico-legali.

La formulazione liquidativa del danno non patrimoniale

Sulla base di tali considerazioni ne deriva che, ai fini di una formulazione liquidativa del danno non patrimoniale di tipo “tabellare”, che preveda quale presupposto base la sola disfunzionalità anatomo-psichica, la “prima personalizzazione” risarcitoria del danno non patrimoniale non potrà che realizzarsi con l’applicazione di un distinto parametro di ordine “qualitativo” per determinare l’effettiva ricaduta “esistenziale” della disfunzionalità accertata sul comune fare personale e sentire di qualsiasi persona portatrice di quella determinata condizione menomativa.

Componente di danno “ontologicamente” differente e svincolata dal “danno morale” che come già affermato dalla stessa Cassazione  non ha alcuna connessione con la disfunzionalità biologica.

Il concetto di sofferenza menomazione correlata

In altri termini una parametrazione che valuti – con criterio presuntivo medico legale – quale sostanziale ripercussione negativa, sul quotidiano fare personale e sui correlati comuni aspetti dinamico relazionali, sia in grado di determinare la menomazione su qualsiasi danneggiato: in altri termini parametri qualitativi adeguati ad inquadrare e definire la componente esistenziale del danno biologico stimabile dal medico legale  in termini di “sofferenza menomazione correlata”.

Quanto è possibile l’integrazione risarcitoria extra tabellare?

Ferma restando comunque la possibilità ogni ulteriore integrazione risarcitoria extra-tabellare relativa a componenti esistenziali “peculiari” del danneggiato pur derivanti dalla stessa menomazione e ove specificatamente allegate.

La comune esperienza medico legale insegna che eventi lesivi significativi, pur evolvendo in modo similare (quindi con determinazione di periodi di IT definibili tecnicamente, sia sotto il profilo cronologico che qualitativo, in modo pressoché uguale) possono stabilizzarsi con postumi superiori od inferiori al fatidico 9% di invalidità permanente, derivandone una evidente illogicità tecnica nell’applicazione di differenti parametri di liquidazione della inabilità temporanea, a seconda se la lesione si stabilizza con postumi invalidanti inferiori o superiori al fatidico 9%.

Ciò comporta che i parametri di liquidazione della inabilità temporanea biologica, invece di ancorarsi all’effettiva entità ed evoluzione della “lesione – malattia” vengono erroneamente rapportati, nella normativa vigente, ad un limite di variabilità disfunzionale menomativa (soglia del 9% di IP) che contrasta con l’effettivo valore probatorio e risarcitorio del “danno – conseguenza” connesso all’inabilità temporanea biologica.

Il problema di ordine liquidativo sotto i 9 punti di I.P.

Il problema è primariamente di ordine liquidativo, stante la differente parametrazione monetaria prevista per le “lesioni di lieve entità” rispetto a quella prevista per le “lesione di non lieve entità”, ove la logica dovrebbe prevedere un parametro unico, modulabile a seconda del grado di intercorrente ricaduta della lesione e della malattia sul “sentire” e “fare personale” nonché sugli aspetti dinamico relazionali  del danneggiato.

Una valutazione tecnica della “componente qualitativa” della lesione/malattia biologica consentirebbe dunque una opportuna – e soprattutto equa – modulazione del risarcimento della inabilità temporanea.

Alla luce delle criticità interpretative del “postulato” medico legale di “danno biologico”, appare sempre più pressante ed improcrastinabile una sostanziale “revisione” dello stesso principio “tecnico” e dei parametri medicolegali ad esso correlati (la componente “quantitativa” e quella “qualitativa”) ai fini di una adeguata definizione risarcitoria del danno non patrimoniale.

Tali principi in parte sono stati già concettualmente recepiti dall’Osservatorio del Tribunale di Milano e da molte altre sedi Giudiziarie, come ad esempio per la Tabella di Liquidazione del Tribunale di Venezia, dovendosi approfondire ulteriormente la discussione tra medico legale e giurista nella prospettiva di utilizzare parametrazioni tecniche “adeguate” ed “equilibrate” ai fini di una maggiore perequazione risarcitoria delle poste biologiche del danno non patrimoniale.

ADISM ringrazia il Dott. Enrico Pedoja per il suo prezioso contributo in ambito medico legale, che approva e sostiene con tutto il comitato tecnico scientifico, garantendo il suo impegno e sostegno per portare all’attenzione delle Istituzioni un progetto di riforma per un criterio liquidativo giusto ed equo del danno alla persona.

Dott. Enrico Pedoja Segretario nazionale SISMLA

Dott. Entico Pedoja  ADISM