Danno da morte e risarcimento agli eredi
Adism ha intervistato l’Avvocato Gianluca Sposato per approfondire la tematica inerente il danno da perdita del rapporto parentale.
Presidente quale risarcimento spetta, ai prossimi congiunti nel caso di morte di una persona per infortunio?
Bisogna chiarire che il danno da perdita della vita è diverso dal danno da perdita della salute, per la Suprema Corte (Cass. 11279/20) la vita è un bene giuridico autonomo che non può essere reintegrato per equivalente e, salvo particolari ipotesi, non si trasmette agli eredi.
Quali diritti si trasmettono agli eredi in caso di morte riconducibile a fatto illecito?
Nel caso di morte dovuta a fatto illecito accertato, come nell’ omicidio stradale, gli eredi della vittima non possono reclamare iure hereditatis il diritto alla vita perso dal de cuius (Cass 15350/15).
Decesso immediato e lucida agonia
Nel caso di decesso immediato conseguente alle lesioni derivanti dal fatto illecito il danno per la perdita della vita non può essere reclamato dai familiari della vita perché non si trasmette agli eredi.
Diversa è la situazione in cui la vittima sia stata cosciente prima della morte ed abbia acquisito tale diritto, che solo in questa ipotesi, dopo un trascorso temporale di almeno 24 ore, si può trasmettere agli eredi e sommare al danno iure proprio.
Quale è il danno che va risarcito ai familiari di chi è stato ucciso in un incidente?
Ai familiari di chi è stato ucciso in un incidente stradale, o per qualunque fatto illecito, spetta il danno iure proprio di carattere morale ed esistenziale.
Questo danno di carattere non patrimoniale è riconosciuto per la sofferenza causata dal vuoto venutosi a creare per la perdita del proprio caro e lo sconvolgimento delle proprie abitudini di vita.
In tale ipotesi si parla di danno conseguenza, per distinguerlo dal danno evento non attribuibile agli eredi.
Come provare il danno morale per la morte di un familiare?
Il danno morale attiene alla sfera psicologica del danneggiato e si concretizza nella sofferenza interiore patita da una persona a causa del lutto, per la perdita del proprio familiare.
La prova può essere acquisita anche attraverso le presunzioni legali ed è legata all’intensità del vincolo affettivo che verrà giudicato maggiore nel caso di convivenza con la vittima e vicinanza del grado di parentela, come nel caso del genitore, dei figli e del coniuge.
Come provare il danno esistenziale per la morte di un familiare?
Il danno esistenziale per l’uccisione di un familiare riguarda il cambiamento in peggio delle abitudini di vita del prossimo congiunto del soggetto deceduto (Cass 28989/19).
Affinché anche tale posta di danno possa essere liquidata occorrerà dimostrare che a seguito dell’uccisione del proprio caro la vittima ha riportato fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita.
Cosa succede se non viene fornita alcuna prova della sofferenza e dello sconvolgimento delle proprie abitudini di vita?
Sul punto, con riferimento alla sentenza 11200/19 della cassazione, ho sollevato una questione di legittimità costituzionale perché l’articolo 2043 del codice civile obbliga chiunque ha commesso un danno ingiusto a risarcirlo.
La questione si pone anche in termini di inversione dell’onere della prova per l’assicuratore di dimostrare un fatto che si discosti dalla norma e dal comune sentire sociale.
Occorre tenere conto che il danno per l’uccisione di un familiare, riguardando la sfera affettiva, non è riconoscibile se non attraverso elementi indiziari e presuntivi ravvisabili anche in semplici allegazioni valutabili con il criterio della normalità, senza necessità di una prova in senso tecnico a dimostrazione del dolore dei superstiti.
In tutto ciò, non potrà escludersi il diritto risarcitorio non solo dei parenti più o meno stretti, ma anche di soggetti non legati al defunto da una relazione parentale “ufficiale” (ad es: rapporto affettivo con i figli del coniuge o del convivente).
E’ corretto parlare di nucleo familiare primario e secondario?
La distinzione è ancora rilevante ai fini liquidatori.
I genitori, il coniuge, i figli ed i fratelli, rientrando nel nucleo familiare primario, hanno sempre diritto a vedersi riconoscere importi variabili a titolo risarcimento danni per la perdita del proprio familiare.
La questione non trova identica tutela per i nonni ed i nipoti, anche se la Cassazione con la sentenza n. 8218/21 ha riconosciuto come risarcibile il danno da perdita del rapporto parentale tra zio e nipote anche se non conviventi.