La Medicina Legale è Scienza di Metodo

medicina legale

Pubblichiamo la lettera aperta inviata dal Professor Vittorio Fineschi, Presidente  Italian Network for Safety in Health Care e Professore Ordinario di Medicina Legale, nonché Direttore dell’ Unità Operativa Complessa di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell’Università degli Studi Sapienza di Roma, ai propri Colleghi.

Quale futuro per la disciplina medico legale?

Gli avvenimenti che nei mesi scorsi hanno interessato la Medicina Legale hanno messo in evidenza una situazione di fragilità del nostro sistema scientifico e professionale che sembra attraversare un difficile momento.

La Medicina Legale non gode più del prestigio che le sarebbe proprio.

Il declino è fotografato anche dalla mancanza di unità di intenti delle tante associazioni nate in questi anni e incapaci singolarmente di apportare un reale contributo di crescita, dall’assenza, salvo eccezioni, di comunicazione scientifica di alto livello sostituita da una diffusione social tanto ricorrente e frequente quanto vuota.

Si fa strada l’autoreferenzialità e si pensa che diffondere qualsiasi iniziativa sia lavoro meritorio salvo gridare al complotto se il ritorno d’immagine non è quello sperato.

Di fronte ad una realtà che è sotto gli occhi di tutti, non c’è da aggiungere molto altro: siamo in una fase di “empasse” ed è questo il momento di alzarsi in piedi e iniziare insieme ad esplorare nuovi percorsi per capire se ci sia ancora margine per dare un futuro ai giovani che, con tanta fiducia ed aspettative, hanno scelto questa professione.

La Medicina Legale è scienza di metodo

Metodo che ci è stato insegnato, che viene custodito e trasmesso nell’apprendimento dei fondamentali principi medico-giuridici che informano la disciplina e che consentono di poter asserire la autonomia culturale e la specificità professionale.

L’evoluzione e la dinamicità delle conoscenze sono assimilate durante percorsi formativi deputati alle Università ed alle Società scientifiche che, come primario compito, dovrebbero proprio garantire la coesione metodologica e la progressione culturale della disciplina.

V’è, oggi, da chiedersi: siamo sicuri che questo avvenga?

A giudicare dalle modalità e dai contenuti della informazione, della contenutistica dottrinaria e dalla convegnistica, forse, si potrebbe far meglio e di più e, sicuramente, in maniera diversa: pluralistica e condivisa.

Senza entrare nel dettaglio delle specifiche tematiche, si deve constatare come una Società scientifica dovrebbe essere attenta al rispetto delle competenze, delle istanze che provengono dalle richieste della professione, intesa anche come bisogno sociale più che come frammentazione di realtà operative che si radunano in sottosistemi (sigle) cui confluiscono bacini regionali od interregionali.

E poi la questione morale

Se la società civile e, di riflesso, anche la politica si interessano di avere al timone figure che possono essere di esempio morale, culturale e fulcro del divenire operativo nei vari settori, a maggior ragione chi dovrebbe diffondere scienza, formazione, assistenza e professionalità non ne può fare a meno.

Quello che è successo negli ultimi anni, dal punto di vista di immagine deteriore e di riflesso negativo per la nostra disciplina, si è cercato, e si cerca, di metabolizzarlo con il silenzio, con il lasciar correre e (ultima speranza) di dimenticarlo.

Ebbene, è forse il momento di rivitalizzare, di dare nuova linfa vitale alla nostra amata disciplina mediante un impegno trasversale che veda unita la Società scientifica, alla ricerca di “ponti” istituzionali e di massima condivisione di intenti; questo soprattutto nei settori nevralgici che, lentamente, hanno visto un lento depauperamento di presenze e di attività sempre più erose dalle nostre competenze.

Ed allora ci dobbiamo nuovamente chiedere: cosa è possibile fare, cambiare, innovare nella nostra disciplina.

Cosa è possibile fare, cambiare, innovare nella nostra disciplina?

Una Società scientifica dovrebbe costituire un riferimento costante ed un approdo culturale cui rivolgersi dottrinariamente e professionalmente, e questo tramite strumenti comuni a tutte le discipline, quali una Rivista (che non vediamo più nella gestione interna medico-legale), magari anche internazionale, canali informativi che non siano demandati a pillole di conoscenza ma che rimandino a strutturazioni documentarie solide e non alla buona volontà di più o meno giovani colleghi.

Una Società scientifica dovrebbe costituire momento di interfaccia con altre Società, alla ricerca, non sporadica, di intenti condivisi e di consensi operativi visto che noi, la medicina legale, siamo la interconnessione privilegiata con le Scienze giuridiche e, ancor di più, dovremmo essere i consiglieri attenti per il Legislatore nelle tematiche di interesse precipuo.

È il momento di interrogarsi se questi temi siano stati sino ad oggi svolti e se sì, come siano stati assolti.

Crediamo che ci sia molto da lavorare, in termini di crescita della disciplina, e questioni personali ed il non voler praticare uno strumento quale l’autocritica può solo condurre a frammentazioni, scelte non condivise e operatività difformi o, peggio ancora, ad eterogeneità comportamentali che, in una piccola Società scientifica come la nostra, sono solo capaci di ulteriormente disgregare senza un futuro che sia di attenzione ed impegno culturale e professionale quale la società civile chiede ad una disciplina che dovrebbe essere dedicata a rispondere alle esigenze che vengono poste.

Iniziare un percorso comune di rinnovamento

Per questi motivi mi rivolgo a tutti i colleghi che hanno maturato i miei convincimenti ed avvertono la necessità di iniziare un percorso comune di rinnovamento di cui non ancora non siamo in grado di percepire quale direzione prenderà.

Sappiamo, però, tutti noi che abbiamo a cuore questa disciplina cui abbiamo dedicato una vita di lavoro, che dobbiamo fare qualcosa.

Non abbiamo soluzioni miracolose; sarà un percorso non breve e non facile e per questo motivo propongo un incontro collettivo per un semplice scambio di idee e poter condividere, insieme ed uniti, qualunque iniziativa pratica andremo ad intraprendere.

Prof. Vittorio Fineschi

 

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